L’edificio li aspettava sobrio,
protetto da filari di pini ordinati.
Il vialetto, il suono delle ghiaia sotto
i pneumatici, ricordi e deja vù nella mente tesa di Giuliano.
Porte scorrevoli, segretarie sorridenti,
pareti in plexigas, luci diffuse…si, un ambiente davvero moderno e rassicurante che traspirava efficienza e attività
senza quell’ansia tipica delle nuove attività del terzo millennio.
Scale, ascensori, corridoi… una
sala d’attesa.
“La stavamo aspettando, si accomodi
pure” fu l’accoglienza perfetta dell’addetta.
Dopo poco lo fecerso entrare in un ufficio
spazioso, pieno di luce… facile sentirsi a suo agio, nonstante la tensione invitabile di un colloquio di lavoro.
“Signor Giuliano, buongiorno”
fu il saluto cordiale dell’esaminatore.
“Buongiorno” rispose Giuliano,
con un’espressione troppo studiata, ma, del resto, l’unica che riusciva a tira fuori dal suo magro repertorio
di rapporti sociali.
“Anzi, facciamo così, diamoci del
tu. Per noi è importante che lei si senta assolutamente a suo agio. Mi chiamo Roberto” e gli tese la mano.
Giuliano, con una certa dose di sorpresa
si affrrettò a stringerla e rcambiò con entusiasmo quell’approccio informale.
“Veniamo a noi. Sicuramente avrai
tanti interrogativi e pian piano cercherò di rassicurarti.
Però – per il momento – vorrei
che ti sopponessi a un piccolo test picoattitudinale.
Sai, le nostre sono attività di ricerca
abbastanza delicate. Se tu non dovessi superare il test sarebbe spiacevole averti messo a conoscenza dei nostri progetti.
Ti chiedo un po’ di pazienza.”
“Va bene” Giuliano cercò
di dissimulare una certa dose di sospetto per un lavoro che – dall’inserzione sul giornale ad adesso – non
accennava a chiarirsi, anzi… cosa avrebbe dovuto fare sembrava l’ultima delle risposte che avevano intenzione
di dargli. Forse dopo…dopo…
Ma certamente non era quello il momento
di fare polemiche e di mostrare il lato più pedante del suo carattere.
Fu introdotto in un’altra saletta
più piccola. Sembrava più uno studio medico che un ufficio.
Gli montarono degli elettrodi sul capo
e lo fecero assistere alla proiezione di un video.
Le sue reazioni emotive sarebbero state
monitorate dagli elettrodi.
Le immagini erano apparentemente senza
senso, né filo logico, anche se, emotivamente, riconosceva una certo disegno che guidava il loro susseguirsi.
Una quindicina di minuti.
Poi lo liberarono di tutta quell’imbracatura
e lo lasciarono da solo a riposare su una comoda poltrona.
Probabilmente una telecamera nascosta
stava continuando il monotoraggio anche di quegli attimi di “apparente” relax.
Passò ancora una mezz’oretta.
“Siamo a cavallo Giuliano”
esordì Roberto entrando allegramente nella stanza.
“I test sono incoraggianti, adesso
forse è il momento di passare al colloquio vero e proprio”.
Tornarono così nel megaufficio futurista
dove le poltrone aspettavano i due.
“Accomodati… Posso offrirti
qualcosa?”
“Un po’ d’acqua. Grazie”
la voce di Giuliano era leggermente tremolante. Qualcosa di indefinito lo disturbava, qualcosa non gli sembrava “a posto”,
non gli quadrava. Ma non sapeva cosa.
“Allora, parliamo un po’
di te… Cosa ti piacerebbe fare?”
“Beh…”
Giuliano cercava di mettere in ordine
le idee che, purtroppo, anche davanti a una domanda così banale, gli si rigiravano senza senso nella testa.
“Ok, non perdiamo tempo con le
solite tecniche – Roberto sembrava quasi volesse togliere Giuliano da quel silenzio imbarazzante - Ti dico in breve che cosa vorremmo noi da te. Stiamo progettando una nuova macchina per la soddisfazione
controllata dei desideri e abbiamo bisogno di un certo numero di persone disposte a sperimentarne gli effetti. Non so se hai
seguito in televisione tutto lo scoop sul furto del quad.
Non sai le indagini di mercato con quali
picchi hanno monitorato le aspettative della gente verso un chip del genere! E noi vogliamo essere i primi a produrlo. Certo
il quad è il quad e nessun laboratorio privato può emulare la sua raffinata progettazione… ma…”
“Ma?” aggiunse curioso Giuliano.
“Ma noi comunque faremi di tutto
per avvicinarci al massimo a quel chip. La gente lo vuole. Lo desidera più di ogni altra cosa e noi gliela daremo. Vero Giuliano?”
Giuliano ebbe un tuffo al cuore. Era
già parte di quella strampalata famiglia di scienziati pazzi e il suo sesto senso continuava a distrurbarlo con un’indistinta
sensazione di pericolo.