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Occhiali da sole - cap.II

di Alarico Bernardi

La famiglia Mastracci viveva ad Isernia da sette anni. Franco, appuntato dei carabinieri, era soggetto a continui spostamenti. Sua figlia Milena era nata a Pallanza, una cittadina situata sulle sponde del lago Maggiore dove aveva trascorso i primi undici anni della sua vita. L’improvviso trasferimento del padre le aveva procurato qualche problema che però si era subito risolto. Anche la madre, insegnante, aveva contribuito non poco a dissipare l’iniziale disorientamento della figlia.

A volte, la ragazza ritornava con il pensiero su quel lago meraviglioso. Da tempo, però, quei ricordi non le procuravano più disturbi psicosomatici.

I suoi genitori avevano imparato a conoscere la schiettezza di Febo che frequentava regolarmente la loro casa.  Mancava ormai poco agli esami. Gli incontri dei due si intensificavano e i loro sforzi iniziavano a dare i frutti sperati.

Una domenica di maggio si trovavano in casa di Milena, ponendosi vicendevolmente domande sugli argomenti studiati. Era necessario stabilire il livello di preparazione raggiunto. L’aria si era fatta più mite. Dal balcone aperto s’udiva il brusio dei bambini che si rincorrevano per il prato poco distante. Nella stanza, i giovani si fronteggiavano con aria di sfida, pronti a cogliere l’uno l’errore dell’altro. Franco Mastracci era al lavoro e sua moglie avrebbe dovuto sacrificare il giorno festivo per partecipare ad un’importante riunione scolastica. :- Io vado, arrivederci!- disse Marisa, dirigendosi verso l’uscio. La voce della donna ed il leggero battere della porta distrassero i due che decisero di concedersi una piccola pausa.

Folate di vento facevano vibrare i vetri della finestra socchiusa. Nuvole minacciose erano apparse all’orizzonte e spaziavano nel cielo sereno, assumendo forme strane che si animavano, cozzando tra loro. Formavano una tetra creatura che oscurava le colline circostanti, inghiottendo avidamente gli ultimi raggi del sole. Le lande desolate attendevano, l’implacabile ira della natura. La pioggia iniziava a cadere trasportata dal vento che muggiva tra le case, incanalandosi,  rabbioso fra i tortuosi valichi dei monti. Il rombo improvviso di un tuono fece sussultare Milena. Un brivido gelido le percorse le membra. Strinse impaurita la mano di Febo come per chiedere aiuto. Il giovane la portò a sé con fare protettivo, poi, chiusa la finestra mormorò: - Non temere.- Improvvisamente i loro volti si trovarono vicini, come le labbra che si unirono in un bacio interminabile, agognato da sempre.

:- Non posso più nasconderlo, ti amo! - sussurrò Febo.

:- Anche per me è stato difficile reprimere questo amore - sospirò Milena, sconvolta nel profondo dell’animo. La luce andò via. Un lampo illuminò la stanza, facendo risaltare il profilo dei due.

Si cercarono nell’oscurità, ritrovandosi avvinti in un abbraccio irruento. Le loro mani si impegnarono in una frenetica sequenza di languide carezze. Gli indumenti caddero sul pavimento come foglie autunnali, strappate da un fragile ramo. I corpi frementi dei due rotolarono sul divano anelanti di voluttà. Le labbra, guidate da un istinto primordiale cercavano, insaziabili di dare e ricevere piacere. Correvano a sorseggiare dal calice inesauribile dell’amore per  innalzare un canto immortale alla vita.

Il temporale si era placato e nembi biancastri frastagliavano il cielo. I ragazzi giacevano vicini con gli occhi rivolti al soffitto. Milena esordì disperata:- Cosa faremo adesso? -.

Febo dopo qualche attimo di esitazione, rivolgendosi verso di lei  rispose: - Continueremo a frequentarci, informando i nostri dei sentimenti che proviamo. Finiti gli studi, ci sposeremo.-

:- Sarebbe bello! Mio padre però è sempre stato geloso di me. Potrebbe creare delle difficoltà. -

:- Penso si possa contare su tua madre. Vedrai, ci aiuterà! - concluse il giovane, abbracciandola dolcemente. Si rivestirono in fretta, temendo che qualcuno potesse rientrare all’improvviso.

Quel pomeriggio i libri rimasero chiusi, mentre i ragazzi parlavano dei loro progetti.

La notizia del fidanzamento di Febo e Milena non colse di sorpresa i genitori del ragazzo, né tanto meno Marisa. Qualche obiezione fu sollevata da Franco che alla fine diede il suo assenso. Era stato convinto dalla moglie che ben conosceva i punti deboli di quell’uomo dal carattere rude.

I due vivevano momenti di estrema felicità. Facevano lunghe passeggiate, studiando con rinnovata energia. Erano ormai inseparabili. Le loro gaie risate rompevano il silenzio dei vicoli bui della periferia d’Isernia, fugando gli spettri della miseria umana.

Gli studenti affollavano l’atrio del liceo. Le voci si confondevano tra loro, creando un insopportabile frastuono. Nella bacheca fissata al muro erano elencati gli ammessi agli esami di maturità.

Anche Febo e Milena erano lì e, sgomitando, dopo aver letto i propri nomi, guadagnarono l’uscita.

Ad un tratto videro Giulio correre verso di loro. I suoi occhi erano umidi di pianto:- Il nonno è peggiorato! Andiamo a casa. - Il giovane lasciò il braccio di Milena e lo seguì. Febo chiese:- Credi che ce la farà?-

:- Penso proprio di no! - rispose amaramente l’uomo, affrettando il passo.

Nella piazzola antistante l’abitazione dei Galdini si era creato un insolito fermento. Dal portone uscivano gruppi di persone di ogni ceto e di ogni età, commossi e dispiaciuti. Un vecchio dall’aspetto austero osservava il balcone del primo piano:- Non sarà più la “casa della luce”- mormorava tra sé con rimpianto, mentre tormentava ripetutamente i baffi canuti.

Anche Febo notò quello strano movimento. Intuì l’accaduto e, rivoltosi al padre domandò:- E’ morto vero? Non nascondermelo. -

:- Si, il nonno ci ha lasciato per sempre! - ammise Luigi.

Si abbracciarono. Giulio scompigliò i capelli del figlio, quasi volesse rievocare, con quel gesto, i tempi passati e l’indelebile figura di Rodolfo.

La camera ardente era stata allestita in una stanza spaziosa. Parenti ed amici vi entravano per  onorare il defunto, porgendogli l’estremo saluto. In un angolo sedeva Beatrice. Era pallida, provata da quella giornata funesta. Un’innata dignità le impediva di dare libero sfogo al suo dolore.

Non avrebbe mai potuto lasciarsi andare di fronte a quella gente che, in buona parte, entrava in casa sua solo per far bella mostra di sé e non per offrirle solidarietà in un momento così drammatico. Febo e Giulio varcarono la soglia della stanza. Il primo si diresse verso il feretro, il secondo si avvicinò a Beatrice stringendola a sé con affetto. Soltanto allora la donna emise un singhiozzo di sconforto e chinò il capo sopraffatta dalla sofferenza. Il ragazzo, visibilmente scosso raggiunse i due.

Calava ormai la notte. Il chiarore della luna penetrava attraverso le finestre, confondendosi con il cereo pallore di Rodolfo. Anche l’astro dava il suo addio al compagno di tante nottate trascorse insieme a discutere sull’imprevedibilità della vita.

Milena, frastornata e sgomenta apparve in compagnia d’Ivana. Si soffermarono vicino al corpo dell’avvocato e dopo qualche minuto raggiunsero il resto della famiglia.

:- Maledetta pipa! - inveì Beatrice, portandosi le mani sulla fronte come per contenere un’ira che le attanagliava il capo e le dilaniava il cuore:- Tutte quelle notti insonni l’hanno logorato. Com’era testardo! Lui ed il suo amore per la poesia!- Gli occhi della donna sembravano fissare un punto preciso della stanza ma in realtà il suo sguardo si perdeva dietro i ricordi di un’intera vita trascorsa con l’estroso Rodolfo. Le sue mani erano chiuse, quasi volessero trattenere qualcosa di quell’uomo che l’aveva abbandonata così bruscamente.

:- Sono certo che il tempo ti aiuterà ad alleviare il dolore, a ricordare serenamente gli anni passati con papà. Arriverà il momento in cui potrai riascoltare le sue parole, ispirate dalla saggezza e dall’umiltà.- mormorò Giulio con voce rotta dal pianto. Tentava di placare la sofferenza della madre e di allontanare quella terribile sensazione di vuoto che da diverse ore albergava nel suo animo.

Febo guardava la nonna in silenzio, incapace di trovare parole che potessero esserle di conforto. Ivana si era allontanata di poco, asciugandosi gli occhi arrossati. Milena era rimasta in disparte, vivendo quei momenti con commozione ed imbarazzo. Avrebbe voluto stringere a sé Febo e dargli modo di sfogarsi, ma non osava. Lui era così distante, quasi irraggiungibile!

 Erano ormai trascorsi diversi giorni dalla scomparsa di Rodolfo e la vita continuava a scorrere con le sue immancabili priorità. Gli esami erano vicini e Febo e Milena dedicavano tutto il tempo libero a prepararsi a quella prova nel migliore dei modi. A volte sembrava che il loro amore si fosse assopito tra le pagine dei libri e che faticasse a riprendere il vigore passato. Giunse il giorno degli esami ed il morboso interesse di conoscerne l’esito. Milena e Febo superarono brillantemente la prova, vedendo premiati gli sforzi che avevano affrontato.  I giovani riscoprirono il piacere d’incontrarsi. Sembrava che nessun’altra nube avesse potuto oscurare il loro futuro insieme.

L’estate si preannunciava afosa e torrida. Il frinire delle cicale faceva da sottofondo al vociare della gente che si aggirava con lo sguardo perso nel nulla a cercare un po’ di refrigerio in uno spazio ombroso. I bambini sciamavano sui prati, lanciando grida festose, beandosi della libertà riacquistata dopo tanti mesi di scuola.

La famiglia Galdini si trovava al mare. Febo, sempre pieno di iniziative, insegnava ai più piccoli i primi rudimenti del nuoto. Era spesso circondato da avvenenti fanciulle tutte in attesa di essere almeno guardate da quel tipo che pareva vivesse in un mondo a parte, lontano ed irraggiungibile. Milena era nei suoi pensieri, nei suoi sogni. Si chiedeva continuamente come mai Franco avesse impedito alla figlia di partire con lui e non trovava nessuna risposta che potesse giustificare quel comportamento.

Una sera, mentre i gabbiani lambivano il pelo dell’acqua e andavano con rapido volo ad appoggiarsi sulla sabbia bagnata, Febo decise di dover chiarire e capire perché Milena fosse stata costretta a stargli lontana. Deciso a tutto, dopo aver asciugato col dorso della mano una lacrima che gli scivolava sul viso, inforcò la moto, dirigendosi a gran velocità verso Isernia.

Giunse in città all’imbrunire. Si fermò nei pressi di una cabina telefonica, compose il numero e con voce concitata informò Marisa del suo arrivo e del desiderio di poter vedere Milena. Alla risposta affermativa della donna Febo riappoggiò la cornetta e ripartì per incontrarsi con la ragazza.

Nel cielo iniziava a biancheggiare la luna. Il giovane attendeva, osservando quell’astro che nella sua freddezza riusciva a smuovere in lui, come nel nonno Rodolfo sensazioni intense. Milena si avvicinava e lui le corse incontro, cercando di accorciare il più possibile quella breve, ma incolmabile distanza. La strinse tra le braccia e senza darle il tempo di parlare la portò a sé, fissandola intensamente. Sperava di cogliere in quegli occhi cerulei la stessa sofferenza che lo aveva accompagnato in quei giorni, rendendolo nervoso ed intrattabile. 

:- Hai un bel colorito, profumi di salsedine!- osservò Milena, sottraendosi garbatamente dalla stretta del compagno.

:- Sarebbe stato meglio che entrambi avessimo potuto discorrere sul colorito e sulla salsedine!- replicò Febo con amara ironia.

:- Non volevo ferirti, ho sofferto e soffro per questi giorni trascorsi da sola ma la vita riserva sorprese poco piacevoli.-

:- Quali sorprese, perché spiacevoli, cosa succede? Parla! Ti prego.- esclamò il ragazzo con aria interrogativa.

:- Papà è stato trasferito di nuovo. Torniamo a Pallanza!-

:- Da quando lo sai?- inveì Febo, in preda all’ira e alla meraviglia, non riuscendo a concretizzare quella notizia.

 

 

In casa Mastracci ci si preparava alla partenza. Milena si aggirava per le stanze con aria confusa. Le tornavano in mente i giorni trascorsi con Febo. Il viso del ragazzo si rifletteva sui vetri delle finestre, assumendo una sconvolgente ubiquità. Le valigie erano allineate in un angolo, mentre gli altri oggetti venivano trasportati in strada e caricati su un furgone. La giovane, nel riporre i libri, fermò la propria attenzione su uno di essi, rivestito da una pelle pregiata. Lo aprì per richiuderlo subito dopo, portandolo al petto. :- Me l’ha dato Febo. Era del nonno.- La dedica, scritta su quel libro, bruciava le carni della ragazza. Le parole, vergate da Rodolfo Galdini sembravano trasporsi dalla carta al petto trepidante della giovane: “ A te Milena, essere dolce e misterioso come i versi contenuti in questa raccolta. Rodolfo”. Udì una melodia lontana che le penetrava il cuore, facendole accapponare la pelle. Era una musica dolce e conosciuta che s’insinuava nell’animo, raggiungendo i più reconditi meandri della memoria. Da una finestra vicina una radio trasmetteva la loro canzone. Il volume era alto e l’etere trasportava il motivo in casa Mastracci. La ragazza poggiò il libro su un tavolo e continuò con ostentata calma il lavoro interrotto.

Febo aveva raggiunto la casa, fermandosi nello spiazzo antistante. La vide e le fece cenno di scendere. Dopo alcuni istanti erano uno di fronte all’altro, silenziosi ed imbarazzati.

La mano di lei era protesa verso il compagno per restituirgli quella raccolta di poesie che sentiva non appartenerle. :- Prendi! Sento di non poterla tenere.- bisbigliò sommessamente, abbassando lo sguardo.

:- Mio nonno voleva che fosse tua senza condizioni! Tienila pure.- rispose Febo.

Si trovarono avvinti in un abbraccio intenso. Il loro respiro, mozzato dal pianto, riempiva il silenzio che li avvolgeva. Un bacio interminabile li unì in un vortice di sensazioni contrastanti, portandoli a fuggire da quella realtà che entrambi avrebbero voluto cancellare. Si diressero verso la pineta, procedendo a piccoli passi nel vano tentativo di fermare l’inesorabile incedere del tempo.

Le cime degli alberi ondeggiavano sotto la sferza del vento, piegandosi impotenti e rassegnate alla forza della natura. Febo e Milena le osservavano, consapevoli anch’essi di non potersi ribellare a quel destino che li voleva lontani.

:- A quando la partenza?-

:- Partiremo domani molto presto, ci aspetta un lungo viaggio. -

Le loro ombre si proiettavano fra i tronchi dei pini per perdersi e scomparire tra la vegetazione.

:- Ci scriveremo - esordì Milena.

:- Verrò a trovarti prima di quanto tu possa immaginare - promise Febo con aria decisa.

:- Dicono che la lontananza rinvigorisca il vero amore - aggiunse lei - ma nel frattempo continueremo a impegnarci negli studi, promettilo!-

:- Lo prometto, come prometto che non riuscirò mai a dimenticarti.- concluse Febo accarezzandole i capelli.

Ritornarono verso l’abitato e, giunti nei pressi della casa della giovane si arrestarono, quasi a voler immortalare nei propri pensieri l’uno la figura dell’altro. Milena salì in casa per tornare, subito dopo, con un foglietto tra le mani. :- Qui ho scritto il mio indirizzo…non perderlo!-

Febo lo prese e, ripiegatolo meticolosamente, lo ripose nel portafogli. Dopo un ultimo abbraccio, si divisero per affrontare un futuro imprevedibile. Nella mente del ragazzo i ricordi si susseguivano e si confondevano, creando uno strano mosaico le cui tessere combaciavano a fatica. La rabbia e la rassegnazione s’erano impadronite del suo animo, tormentandolo crudelmente. :- Leggerà le mie lettere, mi penserà, quando potrò rivederla? Questa storia non doveva finire così. Già! La lontananza rafforza i veri sentimenti. Soltanto parole, parole vuote, come vuota è la mia vita senza di lei!- pensava Febo a voce alta, mentre le ruote della sua moto mordevano l’asfalto, reso molle dal sole. Arrivato sul mare si fermò e, avvicinatosi alla battigia  si chinò, raccogliendo con le mani l’acqua spumeggiante di un’onda per  bagnarsi il viso che sentiva ardere. Era lì, a scrutare quel punto in cui il mare si confonde con il cielo, pronto a cogliere quei rumori lontani che avevano riempito i sogni della sua adolescenza. Tornò sui suoi passi e, alzato lo sguardo, gli sembrò di scorgere la figura del padre. Affrettò l’andatura finché non fu sicuro che quell’uomo fosse veramente Giulio. Lo chiamò a voce alta per vincere il fragore delle onde. L’uomo si voltò e, salutati rapidamente gli amici raggiunse il figlio. :- L’hai vista, cos’è accaduto? Racconta!- chiese Luigi, leggendo un dolore profondo negli occhi allucinati del figlio.

Febo gli prese il braccio e, invitandolo a camminare, gli raccontò di quell’incontro e dei suoi timori. :- Non riesco a farmene una ragione. C’è stato un momento in cui mi è sembrato che non soffrisse per il nostro distacco! Non so più che pensare.- diceva con tono avvilito e dubbioso.

:- La partenza di Milena ti ha colto di sorpresa, eri impreparato a questa evenienza. La vita spesso viene vissuta dando sempre tutto per scontato, bisogna fare i conti con le sorprese che ci riserva.

Il mestiere del padre avrebbe dovuto farti pensare a un suo eventuale trasferimento, non credi?- osservava Giulio nel tentativo di calmare Febo.

:- E’ vero! Quest’eventualità non l’ho mai considerata! Avrei comunque sofferto come soffro in questo momento. Sento di averla persa definitivamente e questa sensazione mi fa star male!-

Luigi gli poggiò la mano sulla spalla, cercando di ristabilire quell’intesa fatta di eloquenti silenzi che aveva da sempre distinto il loro rapporto. :- Ascolta il tuo cuore. Ignora il rancore che ti divora. Sii spontaneo con lei quando le scriverai, così la porterai a risponderti con altrettanta franchezza - suggerì l’uomo, mentre fissava la fronte corrugata del ragazzo.

:- E se questa franchezza la portasse a troncare la nostra relazione?- domandò Febo con voce smarrita.

:- Allora sarai certo delle sue intenzioni e i dubbi di oggi cesseranno di tormentarti! - concluse Giulio, sicuro di aver riportato in quell’animo sconvolto un po’ di serenità.

Continuarono a passeggiare, aspirando la salsedine. Le loro figure scomparvero all’orizzonte, lasciandosi alle spalle una sequenza di orme indistinte che sembravano convergere.

 

 

 

 

 

 

 

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