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Il Natale è alle porte (L'Aquila 2009)

di Alarico Bernardi

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Presto celebreremo il santo Natale, la fine di questo anno terribile e l’inizio del duemiladieci.

Questo è un momento particolare, dove tradizione e ritualità religiosa si confondono, scambiandosi sapientemente la maschera. Le luminarie, gli abeti coperti da addobbi multicolori, le bancarelle dei mercatini prese d’assalto dalla gente, creano un’atmosfera fiabesca. In chiesa, invece, si respira un’aria di rinnovata carità cristiana, resa più concreta dalla presenza del presepe. Tutti si ripropongono d’essere più buoni, almeno in questo breve lasso di tempo.

Chi ha trascorso gli ultimi sette mesi, ospite non pagante d’una stanza d’albergo, si chiede perché vogliano offrirgli una soluzione abitativa diversa che lo riconduca ad un’esistenza più aderente alla realtà, lontana dal ricordo di quel maledetto terremoto del sei aprile scorso.

Si ricomincerà a pagare per avere i servizi necessari nella nuova abitazione, a comperare il cibo e gli indumenti per coprirsi, si tornerà, in poche parole, ad una pseudo normalità.

Sembra quasi che qualcuno voglia ignorare l’imminente arrivo del Natale, procurando inattesi grattacapi a poveri sfollati.

Una nota dissonante in questo concerto in onore dell’apparenza. L’accettazione supina delle avversità è anch’essa un malessere, una patologia mentale da curare o, forse, da prevenire. Torniamo ora alle prossime feste, alla loro capacità di stupire, usando l’innocente credulità dei bambini, come amplificatore di una serie di eventi irripetibili. Nella fredda paglia d’una mangiatoia si celano oggetti, inneggianti al più sfrontato consumismo. L’imperativo è: dilapidare i pochi denari, guadagnati lavorando duramente, per acquistare oggetti senz’anima, privi di qualsiasi valore.

Conosco una famiglia bisognosa e, anche per le prossime ricorrenze, occuperà un posto al mio tavolo. Cosa ci accomuna? Niente di particolare. Basteranno i silenzi rumorosi dei loro bimbi e l’amore sempre palpabile che lega i genitori. Il tutto pervaso dalla prepotente determinazione di Maria, la mia sposa, a volermi vicino fino all’ultimo e la gioia che provo nel sentirla totalmente mia.

“Buone feste!” ci augureremo, vestiti solo dei panni che l’umiltà dispensa quotidianamente.

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