L’aria
era fresca e il sole invitante.
Il
marciapiede sembrava accogliere con benevolenza il suo passo tranquillo.
La
strada.
Da
giovane aveva vissuto con un’alternanza di emozioni quel luogo di tutti e di nessuno.
Spesso
era l’unico luogo di ritrovo possibile per il suo gruppo di amici.
Spesso
era il muretto odiato e amato ad ascoltare paziente i loro discorsi e i loro ideali.
Avrebbero
cambiato il mondo, avrebbero ribaltato tutto subito…poi la solita routine, le solite necessità, la solita vita che mai
– in quei giorni – avrebbero accettato.
Eppure,
Lucio ancora non sapeva, ma qualcosa di quei discorsi era rimasto vivo nella sua vita, anche ora, alla veneranda età degli
‘anta.
Per
strada riconobbe un suo vecchio amico, un tale Raffaele che non vedeva da almeno vent’anni.
Lucio
fu felice di stringergli la mano e di reincontrare quegli occhi vispi.
Presero
un caffè, parlarono: tuti e due cercavano qualcosa di antico, di passato, negli occhi dell’altro, quel filo rosso che
poteva collegare le loro vite a dispetto degli anni passsati; tutti e due desideravano reincontrare il loro “io”
dei vent’anni e lo sforzo era stranamente forzato e innaturale, forse impossibile.
Eppure
Lucio continuava a sognare…
Parlarono
del più e del meno, di cosa stessero facendo adesso…
Lucio,
che era in un momento di rinascita, sembrava imbarazzato: era giusto dire: “Sono
uno yupppi indaffarato e sempre preso” o meglio affermare “Ho capito che devo ricominciare tutto da zero. Da domani
mando tutto al diavolo e ricomincio!”?
Il
suo pragmatismo ebbe la meglio; certo, era vero che voleva cambiare ma, fino a quel momento era ancora un uomo in carriera…in
definitiva poi chi era Raffaele per poter ascoltare con apertura mentale le sue
riflessioni sul futuro?
Anche
Raffaele aveva fatto carriera…anzi, molta più di quella che Lucio potesse immaginare.
Era
entrato in politica e le sue possibilità erano da allora andate alle stelle. Da semplice impiegato pubblico era diventato
una persona importante…certamente più potente e ricco di Lucio.
Il
tempo era passato, inevitabilmente, per tutti e due.
Da
alfieri di una rivoluzione impossibile a vip.
Lucio
oramai aveva anche superato l’orgoglio delle sue conquiste lavorative, Raffaele invece stava ora inizaindo a godere dei suoi successi.
Lucio
continuò ad ascoltarlo…più per educazione che per reale interesse.
Non
è che gli facesse particolarmente schifo che Raffaele fosse passato inequivocabilmente dall’altra parte della barricata.
No, anche lui non era più realmente interessato alle acrobazie intellettuali della loro gioventù. Ma in quel momento Lucio
era in fase di elaborazione, come un computer che avesse, inaspettatamente, dovuto far fronte ad una lungo e pesante lavoro.
Lucio
riscopriva il valore del suo lavoro. Il valore della sua fatica, a volte stremante, a volte inconcludente, ma comunque, senza
dubbio, non avrebbe mai dovuto inchinarsi davanti a nessun politico.
Raffaele,
in apparenza, era molto più in alto di lui ma, comunque, la sua posizione era evidentemente più vulnerabile, in balia dei
capricci della politica, delle lotte intestine, delle correnti dei partiti, delle brame di un elettorato che cambia con rapidità
la propria fedeltà elettorale…
Lucio
non si sentiva superiore a Raffaele né lo biasimava per quella scelta.
Solo
che ora doveva pensare a qualcos’altro e non riusiva ad ascoltarlo.
Sentiva
una forma di compassione, una vera preoccupazione per un amico che stava volando troppo alto e che, forse, sarebbe potuto
cadere senza che nessun paracadute avesse potuto salvargli le ossa.
Lucio
guardò l’orologio: “Vuoi accompagnarmi a vedere Piante rare, sembra una mostra interessante…”
Raffaele
guardò a sua volta l’orologio “No, mi dispiace, devo scappare anch’io…telefonami…” e tirò
fuori dalla sua borse un biglietto da visita “…ci conto…”
Lucio
lo guardò allontanarsi e capì che Raffaele non sarebbe mai venuto a vedere quella mostra con lui. Troppo inutile. Troppo al
di là…
Lucio
continuò pensieroso la sua strada.
In
fondo la sua vita non era poi tanto male.
Certo,
doveva sbattersi e questo gli costava fatica ma, in definitiva, aveva conservata intatta la sua dignità.
Si,
forse, sarebbe potuto tornare alla vita di sempre.
Non
c’era bisogno certo di trapiantarsi in un bosco tropicale.
Le
sue foglie erano rimaste pulite, anche se le sue radici, come quelle di tutti, affondavano nella melma.
Anche
così sarebbe stato una delle Piante rare.