Time4TheOther
Piante rare - Cap.1

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La sua macchina camminava piano.

L’autostrada era davanti. Impassibile.

Tante altre persone erano sulla strada e Lucio poteva guardare con calma gli altri automobilisti.

La pioggia accompagnava il suo sguardo in una quieta malinconia.

Vedeva persone come lui. Che facevano la stessa identica cosa: guidavano.

E Lucio cercava di capire il senso di tutte quelle vite in movimento.

Aveva l’impressione che gli altri, con tutti i loro problemi, condividessero un senso che a lui era escluso.

Leggeva nei loro sguardi, nella posizione delle loro spalle, nello stile di guida, un qualcosa che lui non riusciva a sentire, a percepire.

 

Lucio aveva fatto mille sforzi, nella sua vita, per sentirsi come tutti gli altri.

Aveva scelto un lavoro ordinario, un auto il più possibile comune…. Insomma non aveva motivi concreti per sentirsi diverso.

Eppure, quando il suo cammino si incrociava con quello di chiunque altro, non poteva fare a meno di sentire la mancanza di qualcosa dentro di sè.

 

Specie quel giorno, il clima grigio e la monotonia di quelle poche gocce di pioggia, accentuava quel senso di estraneità.

 

Non invidiava nessuno…o meglio, non aveva nessuna ragione oggettiva per invidiare gli altri milioni di individui eppure…gli mancava qualcosa. Quel qualcosa che, in qualche modo, riusciva a scorgere nelle espressioni degli altri, quel senso di sicurezza che, forse, la sua esperienza e le sue disillusioni, lo avevano portato ad archiviare come fantasie infantili.

 

Comunque la nostalgia e la solitudine per qualcosa che mancava alla sua vita, lo accompagnavano spesso. Specie quando osservava la speranza e la gioia che – talvolta – vedeva balenare negli occhi dei suoi simili.

 

In effetti la storia di Lucio era illuminante.

Lucio sentiva dentro la sciltilla della creatività, dell’arte, dello sforzo eroico dei geni…. e qualche volta l’aveva assecondato, sia pur con opere di modesta levatura. Appena la sua passione prendeva il sopravvento una paura ancestrale lo fermava. Paura dell’ignoto, paura della solitudine, paura di doversi creare punti di riferimento diversi da quelli di tanti suoi simili. Del resto, nelle occasioni in cui aveva condiviso i suoi desideri con altre persone, aveva spesso dovuto accettare la delusione di trovarsi a contatto con individui assai meno nobili di quello che davano da vedere. Tante volte aveva trovato maggiore umanità nella gente comune e – alla fine - aveva bollato con un marchio d’infamia i sedicenti artisti. Ma più che questo – gli stupidi e gli approfittatori c’erano comunque in tutti gli ambienti – era quel senso di precarietà e di vuoto, tipico del mondo degli “artisti”, che strozzava il suo respiro.

Quella scelta eroica e impraticabile per la sua sensibilità lo aveva dirottato su altri lidi.

Eppure, paradossalmente, il suo stile “ordinario” gli aveva riservato scelte e momenti tutt’altro che semplici e lineari, sia pur in quel coacervo quotidiano invisibile ai più.