Era una sera d’inverno.
Claude aveva da poco spento
il televisore. Il disgusto era arrivato al limite.
La propaganda del regime aveva raggiunto il suo apice.
E Claude si sentiva vecchio.
Troppo vecchio per quel
mondo.
Troppo vecchio per l’esaltazione
folle di tutto ciò che aveva meno di 30 anni.
Claude sapeva che era
propaganda ma… purtroppo anche lui stava assorbendo media su media, in un’ abbuffata infinita.
Accese il pc.
Anomalia. “Il pc
non è connesso a internet”.
“Lo so, ferraglia
petulante. Non me ne frega niente di internet”
Il riconoscitore vocale
afferrò le ultime 3 parole. E tacque.
Anche Claude tacque. Finalmete
libero di accedere ai suoi media senza nessun Grande Fratello al di là della rete.
Ascoltò una canzone.
Adatta a un pubblico “giovane”.
Eppure a Claude piaceva.
Al quarantenne. Non connesso a Internet.
La canzone diceva “Don’t
give me your life”.
In questo Claude amava
la gioventù. In questa saggia tendenza di non svendere la propria vita e a non accettare la vita degli altri. Claude la leggeva
come un manifesto di una piena umanità, matura al punto giusto da evitare ulteriori bagni di sangue. Umanità finalmente decisa
a non morire per ideali assurdi, come nel secolo precedente aveva invece accettato.
“Non darmi la tua
vita”… anche in amore avrebbe desiderato una amore così libero da poter trottare senza bisogno di assurde rinunce.
Claude aveva davvero 40
anni.
Se ne avesse avuti venti
di meno avrebbe capito l’imbroglio.
Per lui poteva essere
una liberazione uscire dai tanti circuiti ideologici che avevano inutilmente ingabbiato la sua gioventù.
Ma per loro - gli odiati
amati ventenni - il messaggio era più insidioso, più pericoloso.
Era una giostra che voleva
solo celebrare se stessa.
Questo Claude non lo sapeva.
Ma aveva un presagio da
leggere.
Per quella via avrebbe
potuto creare una nuova poetica.
Avrebbe rivitalizzato
la sua stanca pelle.
E avrebbe dato qualche
sostanza con cui riempire quel gioco formale infinito che girava vorticoso nei media dell’universo telematico.
Sarebbe riuscito a leggere
la profezia, nascosta nelle pieghe della sua disullisione e ripiegata nelle ante di un cervello che cercava un momento. Una
foglia da osservare in un mondo troppo frettoloso.
Proprio per questo la
realtà avrebbe potuto rivelarsi solo in un presagio, come un messaggio lanciato da un’altra galassia sembra sempre più
interessante delle chiacchiere del nostro vicino di casa…solo così Claude avrebbe potuto ascoltare
E così a volte abbiamo
bisogno degli UFO.
Anche Claude aveva bisogno
del suo presagio.
Vecchio quanto lui.
Forte quanto la voglia
di non arrendersi.
Inconsueto per non passare
inosservato.
Ma abbastanza evidente
per non essere archiviato nella spazzatura galattica.
Nel cestino delle mail.
Claude l’avrebbe
ascoltato.
Ma ancora non era arrivato.
Ancora non era arrivato
a desiderare di fare.
Era ancora sdraiato.
A godere di un amore impossibile.
Dove una aliena avesse
accettato Claude senza chiedere troppo di più di quello che lui, onestamente, avesse voluto-saputo dare.
E quando il desiderio
avesse superato la soglia di un piacere effimero, di una fantasia rigeneratrice,
allora Claude si sarebbe
alzato e avrebbe acoltato.
Avrebbe ascoltato i vecchi
presagi per il suo giovane cuore e per dire no ai giovani tristi.
Quelli che avrebbero avuto
bisogno di un segnale rosso per distinguere una puttana da un’amante.
Quelli che avrebbero desiderato
ascoltare la foglia.
Prima che il rombo di
una macchina in corsa avesse spostato l’aria.
E con lei la foglia.
Vecchi presagi per giovani
tristi.