Time4TheOther
Escursione a Racconigi

di Alarico Bernardi

Dalila era perduta a rincorrere dei pensieri che non riuscivo ad interpretare, mentre io, allarmato dal visibile solco che andava disegnandosi sulla sua fronte, tentavo di presagire la ragione di quel turbamento improvviso. La giornata s’era annunciata splendida: il sole incerto di novembre baluginava tra i monti lontani, dipingendo d’un rosa tenue la coltre di neve, caduta sulle vette impettite. Il cielo, ancora immerso nella foschia mattutina, accoglieva quei primi lampi di luce con trasporto, suggerendoci di abbandonare il calduccio del letto. L’attrazione fisica che spesso si impadroniva di noi, però, stimolata da quel paesaggio incantevole, incorniciato dalla portafinestra, s’era impadronita gradualmente dei nostri sensi, guidandoli alla conquista d’un piacere intenso ed irrefrenabile.

Dopo un’abbondante colazione, eravamo in viaggio per Racconigi, intenzionati a visitare il parco e la tenuta di caccia della famiglia Savoia. Una volta arrivati, venivamo messi al corrente che le visite all’interno del palazzo ed alla  vasta isola di verde che lo circonda erano rimandate a primavera. Delusi, ma non del tutto scoraggiati, avevamo deciso di fare una passeggiata nel giardino pubblico di Savigliano, poco distante dalla meta originaria e luogo dove Dalila aveva trascorso alcuni anni della sua vita passata.

I ricordi, prepotenti ed ingannevoli, molto probabilmente l’avevano assalita, procurandole un sottile malessere. L’immagine dei figli si proiettava nella sua memoria, assumendo una dimensione grondante di tristezza. Il non poter incontrarli o sentirli, alla lunga, le aveva causato un ennesimo crollo psicologico che tentava di nascondere.

La celebrazione del nostro anniversario, in poche parole, si era trasformata in una sorta di pellegrinaggio espiatorio di colpe non sue, un casuale recupero di vesti lasciate con determinazione, ma stampate a fuoco sulla sua tenera pelle.

Mi sembrava inopportuno intervenire per consolarla, come era complesso simulare un comportamento che non lasciasse trasparire ciò che avevo colto nel suo eloquio, punteggiato da pause significative. Avrei dovuto smentire quella mia capacità d’intuizione che mi permetteva di leggerle nel profondo dell’animo.

Del resto non avevo né l’età , né la predisposizione

necessarie a raccontare fiabe alle quali io, per primo, non avrei mai creduto. 

alla Home di Alarico