Time4TheOther
Briciole di pane

Instant Story

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Il grigio sembrava atterrato sulla terra senza lasciare spazio ad altri colori.
Bisognava abituarsi. Non ci si poteva certo arrabbiare con il cielo.
Riccardo scese dalll’auto e, come tutte le mattine, si sentì comunque grato di un altro giorno di lavoro.
Il paradosso di Riccardo era proprio questo: se pensava la suo lavoro, quand’era in casa, semmai nei week end, gli sembrava il lavoro più noioso del mondo e cercava, in qualche modo, di crearsi altre valvole di sfogo per il suo bisogno di esprimersi. Eppure quelle valvole di sfogo si rivelavano spesso più frustranti del suo lavoro…. computer che non vuole funzionare, mancanza di cura da parte sua, improvvisazione mal supportata con l’approfondimento necessario….insomma tutto tempo sprecato: pochi e cattivi risultati.
Quando poi il giorno dopo si metteva in moto per andare la lavoro, dopo i primi minuti di guida, sentiva la gioia di fare qualcosa di utile, seppure lontana dalle sue “teoriche” ambizioni.
E così Riccardo tirava il tempo tra il suo rimuginare, spesso sbagliato e fuori luogo, e la realtà che gli sbatteva in faccia quello che era….

Avrebbe solo voluto un raggio di sole. Quello sì che gli mancava.
Quella vita sbattuta sembrava non contemplare il conforto di un po’ di luce, un po’ d’aria e qualche svago fuori dalle mille beghe a cui non poteva sottrarsi.
Del resto anche il tempo che dedicava alla famiglia era spesso compromesso dal suo umore…. In balia di tutto quello che voleva fare e di quel poco che riusciva a portare a termine. E i suoi figli? Poteva mai chiedergli di lasciarlo in pace? Di lasciargli un’ora di libertà, quando già il tempo che passava con loro era così poco?
No, c’era qualcosa che non andava.
Qualcosa di più profondo di quello che la realtà gli proponeva ogni giorno, qualcosa che doveva lucidare dentro di sé prima ( e invece ) di prendersela con gli altri.
Anche sua moglie… Avrebbe voluto fare di più per lei; niente di straordinario, ma essere un po’ più paziente, mostrare un po’ di riconoscenza per tutto quello che faceva per i figli, cercare di ascoltarla con più interesse…. Invece tutto ciò gli sembrava faticosissimo, quasi innaturale.
Eppure, a parte le sue visioni apocalittiche tipiche di quando si svegliava, non poteva rimproverale chissà cosa.
Si, Riccardo doveva fare prima di tutto pulizia dentro se stesso.
“E’ una parola” pensava tra sé e sé.
Anche il contatto con uno psicanalista l’aveva lasciato alquanto deluso.
Senza bene capire perché, si sentiva proporre un periodo indefinito di terapia: risultati chissà, impegno tanto. E poi il suo scarso equilibrio, si, quella cosa che, nel bene e nel male, gli dava la forza di alzarsi la mattina e di uscire di casa…quello straccio di “normalità”, avrebbe dovuto rinunciare anche a quello? Ricostruire tutto…in nome di che? Verso quale fantomatica felicità, benessere, equilibrio ?

Certo la sua vita non era più pimpante come una volta. Quello era vero.
Sentiva la necessità di un nuovo inizio.
Ma, a parte la strada che avesse intrapreso, era disposto a mettere in soffitta le sue vecchie, stanche, inutili abitudini, per cercare una voce più vera nel suo cuore?
E se quella voce gli avesse detto di mandare all’aria il suo lavoro, la sua famiglia, le sue scelte, sarebbe riuscito a ricostruire davvero qualcosa che avesse valore?

Riccardo spesso pensava a quanto la nostra moderna civiltà sia folle e spersonalizzante. E pensava anche a come, in un pianeta afflitto da problemi molto più concreti e gravi dei suoi, lui non riuscisse a staccarsi dalla propria sofferenza. Anzi, in definitiva, gli sembrava di non avere tanto diritto a reclamare una vera felicità. In definitiva, che cosa gli mancava? In apparenza niente ma, profondamente, si sentiva davvero povero. Sentiva il bisogno che, ogni tanto, qualche amico lo chiamasse, gli chiedesse semplicemente “come va?” ma erano oramai anni che una telefonata del genere non arrivava. Erano tutti presi dalle proprie cose, dai propri interessi, dai propri problemi e nessuno (nemmeno lui del resto) riusciva a mantenere il cuore aperto per un’azione così profondamente umana.

Il grigio stava cedendo spazio alla notte. No, quel giorno il sole era sto solo un’ombra al di sopra delle nubi.
Avrebbe chiuso il suo notebook e sarebbe scappato via verso casa.
Anche quel giorno sarebbe finito.
Ma aveva bisogno di sentire di aver fatto qualcosa per sé, qualcosa di diverso, qualcosa che lo avvicinasse alla sua parte più vera.
No, quel giorno non aveva lasciato molto da poter ricordare. Un giorno come tanti. Un giorno buono forse per chi avesse potuto vedere la sua vita dal di fuori. Un giorno inutile per lui.

I suoi fari spazzavano via quella luce inutile del crepuscolo. Nemmeno allora poteva godere dei colori del tramonto. Il grigio aveva direttamente abdicato al nero.


Giocando con i pensieri gli era più facile trovare la via di casa, sentire un momento suo, elaborare uno straccio di uscita di sicurezza. Eppure era un’eccezione.

In genere i pensieri erano i suoi più insidiosi nemici.
Maledetti pensieri. Energia elettrica dispersa. Serbatoio di amarezze, pozzo senza fondo di tutte le sue sofferenze.
L’unica strada era creare più linee di comunicazione possibile tra il sé e il mondo e non permettere che l’energia si accumulasse senza controllo dentro il suo stomaco.

Era forse quella strada sotterranea che si era creata tra Riccardo e il mondo a rendere ora l’attività cerebrale fonte di rassicurazione. Ora il suo sé lavorava inspiegabilmente per la sua felicità, piuttosto che macinare senza tregua le delusioni della vita.

Ma come, chi e quando aveva aperto quello spiraglio nei recessi della sua anima?
Che cosa era successo?
Ora il fluire delle cose nella sua coscienza era un fatto quasi naturale e piacevole.

Era stato davvero lui a lavorare nella miniera della sua vita? Senza nemmeno rendersene conto?

“Poco importa”….già, quando le cose vanno bene non cerchiamo tante risposte…l’importante è sedere su quella collina, così difficile da trovare, sedere e godere dell’aria e dello spazio intorno.
Ci sarà certo occasione di rovinarsi la vita e di soffrire per qualcosa: non precorriamo i tempi…

La macchina si fermò adagio. Il posto, miracolosamente trovato a due passi da casa, le luci gialle dei lampioni. Il vento fresco, la strada bagnata, i visi stanchi ma contenti di tanti come lui che tornavano a casa dopo una giornata di lavoro. Tutto come sempre. Eppure, ora, tutto era meno contaminato, tutto era maggiormente reale è presente, il suo umor nero aveva allentato un poco la presa e lasciato trapelare uno scorcio di realtà, di tenera dolce e limpida realtà.
Riccardo assaporava ogni immagine come se gustasse un cibo prelibato.
Era davvero un piacere incrociare gli sguardi degli altri passanti, ascoltare il rumore del mondo, sentirsi parte di quello spettacolo.

Entrò in casa. Nessuno. Un biglietto, lascito in vista sul tavolo della cucina: “Siamo andati da mia madre. So che ti scoccia, per cui ti lasciamo libero. Ci vediamo stasera sul tardi. Un bacio. Sonia.”

“Proprio oggi che mi sento così disponibile…” pensò Riccardo.
Quante volte aveva desiderato di trovare un po’ di tranquillità e di sana solitudine in casa.
“Ma sì, godiamoci questo lusso inaspettato!”

Doccia, breve lettura del quotidiano sdraiato comodamente sul letto, un minimo di televisione spazzatura, un’occhiata fuori dalla finestra…e lì qualche timido uccello che mangia le briciole di pane lasciate sul davanzale.

Sarebbe riuscito anche lui a godere con tanta energia di qualche misera briciola di pane?

Sarebbe stata quella la sua meta, quello, precisamente quello il desiderio di una vita: godere pienamente delle cose semplici.
Non avrebbe potuto fare scelta più saggia. Questo lo sapeva.

Come sapeva anche che quello sarebbe stato il suo più intimo segreto, evidente e misterioso come lo sguardo di quegli uccelli alle prese con poche briciole di pane